L’architetta Pestana, Ottavia Voza sui social da importanti elementi sui tempietti venuti alla luce recentemente a Paestum…
“Mi corre l’obbligo di precisare che l’individuazione del tempietto tra il 2018 e il 2019 è il risultato, come accade sempre più spesso nella ricerca archeologica moderna, di un lavoro collettivo, all’interno del cantiere di restauro della cinta muraria di cui mi sono occupata, tra le altre cose, negli ultimi decenni a Paestum.
Io ho solo avuto la fortuna ed il piacere di poter studiare, grazie ed assieme a Gabriel Zuchtriegel, allora direttore de Parco, che fin da subito ha mostrato un interesse scientifico straordinario nello sviluppo e nella conduzione della ricerca, i primi materiali venuti alla luce, le dinamiche dei crolli, il rapporto con le mura, anche in relazione ad altri saggi di scavo che stavamo conducendo nelle aree limitrofe. Studi che hanno permesso di comprendere innanzitutto che ci trovavamo di fronte ad un insieme di materiali omogenei ed appartenenti ad un contesto architettonico e strutturale unitario. In pochissimo tempo, grazie alla possibilità di misurare pochi ma significativi elementi (rocchio di base, alcuni capitelli, elementi dell’epistilio, tra cui un paio di elementi di architrave, molti elementi del Geison, un angolo de fregio) e soprattutto grazie alla raffinatezza ed alla tipicità della metrologia complessiva, abbiamo potuto realizzare una prima dettagliata ipotesi restituiva architettonica, che ci consentì già in fase di prima analisi dei crolli (prima del blocco del cantiere legato alla emergenza pandemica) di comprendere il contesto che poi sarebbe stato esaminato con le indagini successive, a cui non ho partecipato.
Le scoperte degli scavi recenti condotti sotto la guida della direttrice attuale Tiziana D’Angelo sono di una importanza straordinaria, perché i capitelli dorici arcaici reimpiegati nelle sottofondazioni del tempio più recente, attestano l’esistenza di un tempio più antico (dal profilo dell’echino sembrerebbero degli inizi del VI sec. a.C., cioè la prima fase di vita della città subito dopo la fondazione) di cui ovviamente non è stato individuato il sedime. Io avevo visto in una foto pubblicata sui social solo due di questi capitelli. Tuttavia il fatto che addirittura 14 capitelli, ed altri elementi, siano stati reimpiegati nelle sottofondazioni del tempietto più recente, lascia intendere che si tratti di un reimpiego massivo e non casuale, e che quindi l’area di sedime del monumento più antico potrebbe essere stata la stessa, o comunque poco discosta da quella del tempietto più recente, di cui conosciamo l’esatta collocazione grazie alla conservazione in situ di parte della crepidine, fino al piano dello stilobate solo sul fronte occidentale.
C’è da dire che l’analisi dei materiali architettonici erratici (dispersi) in tutta la città antica, alcuni dei quali anche in buona concentrazione in aree circoscritte, attestano l’esistenza di diversi altri monumenti, diversi da quelli che oggi si conservano in piedi.
Ma l’eccezionale rapporto di continuità tra i due monumenti di cui si tratta, con gli elementi del tempietto antico smontati (ovviamente non sapremo mai esattamente per quale ragione) e poi massicciamente reimpiegati nelle fondazioni del tempietto più recente (circa 100 anni separano i due monumenti) è una scoperta eccezionale.
Così come eccezionale è la relazione del monumento e del santuario di inizi V (il più recente, in situ) con l’orientamento e la struttura dell’impianto urbano, relazione che sarà il punto di partenza per le riflessioni e gli studi futuri.”